I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia 2020 – Tappa 2

 

Alcamo – Agrigento
150 km

Il viaggio vero inizia oggi con la seconda tappa che ha un percorso dieci volte superiore alla crono di ieri. Il Giro approfondisce la visita della Sicilia e noi con lui.

Da qui risaliremo lo Stivale alla conoscenza di borghi che fanno comune e con una popolazione inferiore ai 6.000 abitanti per offrire una maggiore visibilità ai centri più piccoli o consentire loro di ritrovare quella dei tempi passati, ma riservandoci la possibilità di fare eccezioni.

È a circa 20 Km dalla partenza di Alcamo la nostra prima fermata al centro della provincia di Trapani con il comune meno esteso, Vita, alle falde del Monte Baronia nel Belice.

Certo è che già dal nome ci aspettiamo un paese vivace e colorato, e non rimaniamo delusi. Più che dal suo fondatore, il barone Vito Sicomo, agli inizi del Seicento parrebbe che il nome sia di origine araba per la presenza in epoca medievale di caseggiati rurali arabi e l’esistenza in Algeria di un centro antico così chiamato.

Questa è la zona devastata dal terremoto del Belice, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, e che è risorta in vari modi. Vita e il paese che tratteremo dopo si sono affidati soprattutto all’arte.

A Vita decine di murales adornano i muri e i portali delle case disabitate per raccontare la storia passata fatta di mestieri scomparsi (come l’acquaiolo o il vasaio), negli spazi domestici e legata all’economia agricola del borgo.

Vi troviamo rappresentata anche la più celebre delle feste antiche del paese, la Festa della Madonna di Tagliavia, che si celebra ogni anno nel giorno dell’Ascensione con un rituale articolato e suggestivo.

Il momento clou si ha nel pomeriggio, quando per le vie sfilano il Carro del vino e delle olive, la Cavalcata con una quarantina di cavalieri a rappresentare i loro ceti, la Carrozza del pane. Durante la sfilata vengono lanciate buste di vino e di olive, confetti e soprattutto i caratteristici cucciddati, pani piccoli ripieni di marmellata di fichi e frutta secca. È festa dell’Abbondanza con cui ringraziare la Madonna per il raccolto agricolo e che possiede evidenti finalità propiziatorie.

La festa è stata trapiantata anche in Canada, a Toronto, dove sono emigrati molti vitesi, e in direzione inversa si tiene in paese, nella prima settimana di agosto, il Festival Internazionale del Folclore Città di Vita, a cui accorrono anche gruppi di musica e balli popolari dall’estero.

Alla Madonna di Tagliavia è stata dedicata una chiesa per un voto fatto a seguito di quello che sembrò essere stato un miracolo. Nel 1896 al massaro Giuseppe Perricone Monaco apparve in sogno la Vergine Maria che gli chiese l’erezione di una cappella. Al suo risveglio riuscì a muovere il braccio che da quasi un anno era paralizzato e provvide quanto prima, tanto che la cappella fu benedetta il 14 maggio dello stesso, per arrivare poi alla chiesa attuale nel 1934.

Lasciando Vita, dopo una quindicina di chilometri, si giunge a Nuova Gibellina. Il centro di Gibellina è stato ricostruito ex novo, dopo che il terremoto lo ha raso al suolo, a una ventina di chilometri dalle rovine, nella pianura di contrada Salinella vicino alla ferrovia e alle terre dei contadini.

Nel 1970 il sindaco Ludovico Corrao ha dato forma all’ambizioso progetto di rendere il nuovo centro antisismico a forma di farfalla il più grande museo a cielo aperto al mondo, chiamando architetti e artisti di fama internazionale, oltre a intellettuali come Sciascia, Guttuso, Zavoli, Dolci.

Tra gli edifici da visitare: la Chiesa Madre di Ludovico Quaroni, i Giardini Segreti di Francesco Venezia, la scultura-edificio polivalente Meeting di Pietro Consagra, il Sistema delle piazze (cinque collegate tra loro) di Laura Thermes e Franco Purini, il Municipio di Vittorio Gregotti e Giuseppe Samonà, la Torre Civica-Carrilion di Alessandro Mendini.

Sono presenti una sessantina di installazioni artistiche. A Carla Accardi si devono i pannelli in ceramica Senza titolo sotto il porticato del Municipio, e poi ci sono la Fontana in marmo travertino di Andrea Cascella, l’Omaggio a Tommaso Campanella di Mimmo Rotella, la Stella d’ingresso al Belice e De Oedipus Rex “Città di Tebe” tra quelle di Pietro Consagra. E ancora opere di Franco Angeli, Antonio Corpora, Salvatore Fiume, Arnaldo Pomodoro, Mario Schifano, Giulio Turcato e tanti altri.

La nuova città è stata inaugurata il 3 Giugno 1979 con una cerimonia tra i ruderi del vecchio paese, dove si è tenuta la rappresentazione dell’Orestiade di Eschilo reinventata dal poeta e artista Emilio Isgrò.

Agli inizi degli anni Ottanta il grande Alberto Burri ha scelto di realizzare la sua opera memoriale di land art Grande Cretto proprio tra le vecchie rovine. Sul fianco della montagna si dispiega una coltre di cemento bianco che si stende come un sudario sopra gran parte delle macerie dell’abitato, ma che lascia inalterato il sistema viario e appare così con una serie di fratture. Il Cretto è tra le opere d’Arte contemporanea più estese al mondo.

Proseguendo sul tracciato lasciamo la provincia di Trapani e ci inoltriamo nella provincia di Agrigento. Verso l’arrivo nel capoluogo troviamo due svincoli a breve distanza che ci portano a borghi che hanno molto da mostrare.

A poco più di 20 km da Agrigento troviamo il primo svincolo che conduce al bel paese di Siculiana che ci offre tante leggende e curiosità.

Il borgo è dominato dal castello Chiaramonte, un fortilizio di origine araba che venne ricostruito agli inizi del Trecento dal barone Federico Chiaramonte. A partire dalle nozze del 1311 tra la figlia Costanza e il nobile Brancaleone Doria (citato da Dante nell’Inferno, canto XXXIII, versi 133-153) vi si celebrarono numerosi matrimoni e accordi nobiliari per l’antichissima credenza che i patti conclusi sulla rocca erano benedetti dalla Provvidenza, che così divenne simbolo di copiosità.

Una chiesetta si trovava nell’ala sud del maniero e fu la prima sede di culto del SS. Crocifisso che ci porta alla leggenda del Cristo nero e alla Festa di lu tri di Maju (festa del tre maggio), il giorno che la tradizione cattolica fa corrispondere al ritrovamento a Gerusalemme dei resti della croce di Cristo da parte di Sant’Elena. Il Simulacro del SS. Crocifisso è una scultura probabilmente seicentesca realizzata in leccio smaltato marrone scuro, raffigurante il corpo morto di Gesù che poggia sulle ginocchia.

La tradizione popolare racconta con versioni differenti che il Crocifisso venne commissionato dagli abitanti di Burgio. Durante il trasporto i carrettieri sostarono per riposare nell’antico Casale di Siculiana e, in quel mentre un cieco (o forse uno zoppo) si sedette sulla cassa che conteneva il simulacro, ma quando fu invitato togliersi di mezzo si accorse di essere guarito. In una processione improvvisata la gente accorsa portò il crocefisso nella chiesetta del castello e ciò causò una diatriba con i burgitani. Si arrivò alla decisione di fare una gara, ai cui vincitori sarebbero andato il manufatto. La cassa fu messa su un carro trainato da buoi; se questi avessero superato il torrente vicino al paese avrebbero vinto i burgitani, in caso contrario i siculianesi. I buoi si rifiutarono di oltrepassare il corso d’acqua e così il crocifisso restò a Siculiana.

Agli inizi del XVII secolo il SS. Crocifisso fu traslato nella Chiesa Madre e collocato nella cappella che sovrasta l’altare maggiore, davanti alla quale venne messo un velo per maggiore riverenza che diede inizio al rito della calata del velo, che si tiene il 2 maggio al canto dell’inno A Te lode o Crocifisso.

Siculiana è stato più volte set cinematografico di grandi registri: Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi, Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, Porte aperte di Gianni Amelio. Vi è stato girato integralmente il docufilm A Black Jesus di Luca Lucchesi, prodotto da Wim Wenders e con la colonna sonora curata da Roy Paci. Inoltre il nome del borgo è dentro alla versione lunga del titolo di un film del 1978 di Lina Wertmüller: Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici. Amore-Morte-Shimmy. Lugano belle. Tarantelle. Tarallucci e vino, che detiene il record nel Guinness dei primati per essere il più lungo nella storia del cinema.

Qualche chilometro più in là si incontra lo svincolo per Realmonte, un borgo sorprendente per le sue ricchezze artistiche, archeologiche e naturali, oltre che per le numerose leggende narrate. Ma sono due cose a renderla nota a livello mondiale.

La prima è una meraviglia della natura, la Scala dei Turchi, uno sperone di marna bianchissima a gradoni naturali che si erge a picco sul mare, offrendo uno scenario surreale. Secondo la leggenda, durante le invasioni moresche del ‘500, i turchi (come vengono chiamati erroneamente i saraceni) si inerpicarono sulle stratificazioni della falesia per andare a compiere i loro saccheggi.

 

A circa un chilometro di distanza si trova la Chiesa della Miniera di Sale, posta a meno di 150 m dalla superficie e a 30 m sotto il livello del mare, accessibile attraverso le gallerie prodotte dai minatori. Qui, viene celebrata la messa della loro protettrice Santa Barbara e vi si tengono concerti. Ha un’acustica perfetta, permette di predisporre 800 posti a sedere, ed è adornata da figure sacre scavate ad altorilievo sulle pareti.

A breve distanza l’arrivo ad Agrigento con la spettacolare Valle dei Templi.

 

Adriana Maria Soldini

 

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