I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia 2020 – Tappa 1

Monreale – Palermo TISSOT ITT
15 km

Dopo il rinvio e i mesi di attesa è arrivato il giorno della partenza del Giro d’Italia 2020.

La prima tappa è una cronometro individuale assai breve. Sono 15 km da percorrere tra i comuni confinanti di Monreale e Palermo e per parlare di borghi occorre allontanarsi dal tracciato e raggiungere le rispettive frazioni nelle prossimità.

Si parte da Monreale per passare dai borghi di San Martino delle Scale, Pioppo e Giacalone. Questa è la zona dove nel Novecento ha operato il banditismo siciliano e il territorio in cui ha imperversato il brigante più feroce, Salvatore Giuliano detto “Turiddu”, che costituì la sua prima banda nel 1944.

San Martino delle Scale è una località montana densamente boscosa, di grande pregio paesaggistico e meta estiva dei palermitani in cerca di frescura, che vanta la presenza dello splendido complesso monumentale in cui sono racchiuse il monastero benedettino e la basilica abbaziale di San Martino delle Scale, da cui il nome della frazione.

La tradizione lo vorrebbe eretto per volere di papa Gregorio Magno, ma i documenti storici spostano la data diversi secoli, in particolare al 1347, quando fu stilato l’atto di fondazione dalla cancelleria dell’arcivescovo di Monreale Don Emanuele Spinola. Nei secoli successivi l’abbazia aumentò dimensioni e potere, divenendo un centro culturale vivace grazie alla sua biblioteca, e fin dal XIV secolo è presente una scuola di miniatori e amanuensi. Il convento ha ospitato personaggi di rilievo tra cui il monaco Giuliano Mayali († 1470), che fu anche ambasciatore del Re Alfonso presso il Bey di Tunisi e portò nel tesoro dell’abbazia il manto regale del sovrano mussulmano e le reliquie della Santa Croce e della Sacra Spina, conservate in reliquiari della seconda metà del XV secolo a opera dell’argentiere Pietro di Spagna. La Cappella delle reliquie dell’abbazia conta ben 4 corpi di santi e 1253 reliquie.

Il monastero di San Martino si presenta come un quadrilatero suddiviso in quattro settori da due corridoi, frutto di rimaneggiamenti nei secoli  XVI e XVIII. Il chiostro di San Benedetto spicca tra i sei chiostri presenti e fu costruito a partire dal 1612, anno a cui risale il deambulatorio dell’architetto Giulio Lasso con 36 colonne di marmo bianco e al centro una statua del santo (1728) di Giuseppe Pampillonia. Sorta dove esisteva una chiesa la basilica abbaziale fu costruita tra il 1564 e il 1595. Il coro monastico a intarsi, lungo 20 metri e composto da 68, è un magnifico esempio della fioritura manierista di fine XVI secolo, diffusasi in regione. L’organo monumentale è di origine cinquecentesca, opera di Raffaele La Valle (1594), e venne portato a compimento nel secolo XIX da Francesco La Grassa.Composto da circa 4.000 canne e 37 registri è tra i più potenti delle chiese siciliane.

All’interno del complesso si trova l’Accademia di Belle Arti e di restauro.

Si distinguono in ambito naturalistico le altre due frazioni. Giacalone ha il primo Giardino delle Farfalle su terra siciliana. A 700 metri di altitudine nasce come donazione al WWF da parte della famiglia Ingegneros in memoria del figlio Arturo.

Pioppo si ammirano le cascatelle del fiume sant’Elia e l’area boschiva di Casaboli con il monte Gibilmesi definito il “panorama più bello della Sicilia Occidentale”. Alle pendici del monte, nel versante ovest, pare si sia combattuta una delle guerre puniche.

Giunti a Palermo la prima scelta cade sulla frazione Addaura, borgo marinaro dominato dal Monte Pellegrino a sudest della spiaggia di Mondello. Qui, si aprono le Grotte dell’Addaura, soggette a indagini scientifiche dalla seconda metà dell’800. Nel 1866 il professor Gaetano Giorgio Gemmellaro fece il primo ritrovamento paleontologico con un molare di Elephas armeniacus nella grotta Addaura Caprara. Nei decenni successivi si è consolidata l’ipotesi dell’insediamento di gruppi di cacciatori paleolitici vissuti nelle grotte probabilmente fino al Mesolitico.

Nei primi anni Cinquanta è stata la scoperta di graffiti rupestri all’interno di una delle grotte, denominata in seguito Grotta delle Incisioni, a dare notorietà al sito in tutto il mondo. La cavità si apre alla base della falesia entro un riparo sotto roccia posto a circa 80 metri sul livello del mare. Si trovano graffite numerose figure antropomorfe con altre zoomorfe (alci, daini, cavalli, buoi) sulla parete sinistra e su quella di fondo.

La scena rappresentata, che si caratterizza per il forte realismo, è oggetto ancora oggi di opposte interpretazioni sull’attività svolta dai personaggi che vi compaiono ritratti in modo vivace e con buona resa anatomica: rito di iniziazione con coppia di acrobati attorniati da un gruppo di danzatori; pratiche rituali e propiziatorie con al centro due vittime sacrificali che testimonierebbe l’uso dello strangolamento detto “incaprettamento”.

La raffigurazione costituisce un unicum nel panorama dell’arte rupestre paleolitica mondiale.

Merita una visita Santa Maria di Gesù, la borgata posta ai piedi del Monte Grifone, dove si trova un altro aggregato monumentale, composto dalla chiesa, dal convento di San Benedetto il Moro (compatrono di Palermo qui sepolto), e dal cimitero monumentale (il più antico di Palermo), tutti intitolati a Santa Maria di Gesù, che dà il nome alla frazione. Il convento risale al 1426 ad opera del Beato Matteo d’Agrigento per la costruzione del primo piano con il chiostro quadrilatero, al cui centro troneggia una fontana adornata da maioliche. Nel 1578 passò ai Frati Riformati, di cui San Benedetto da San Fratello fu il primo guardiano, dando inizio all’edificazione del secondo piano. La chiesa è stata rimaneggiata nei secoli. Nel cimitero sono presenti numerose cappelle gentilizie, per cui viene chiamato anche “cimitero dei Nobili”.

Dal Cimitero di Santa Maria di Gesù percorrendo il sentiero in direzione della Cappella di San Benedetto si trova il cipresso di San Benedetto il Moro (Cupressus sempervirens L.), un albero alto 23 metri e di 426 anni (secondo la datazione dendrocronologica), che ne fa il più vecchio di Palermo e forse uno dei cipressi più antichi d’Italia. La leggenda vuole che la pianta sia nata dalla miracolosa radicazione di un bastone che San Benedetto il Moro avrebbe conficcato nel terreno vicino alla casupola (oggi cappella), dove visse.

Adriana Maria Soldini

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