I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia – Tappa 8

Giovinazzo – Vieste (Gargano)
200 km

L’ottava tappa parte da Giovinazzo, in provincia di Bari, per proseguire in quella trina di Barletta-Andria-Trani, ma noi approfondiamo la conoscenza di quella foggiana, dove è posto l’arrivo di giornata.

Lasciamo per qualche chilometro il tracciato anche oggi e ci immettiamo sulla SP 58 da Manfredonia per andare a Rignano Garganico, all’interno del parco nazionale del Gargano.

Il più piccolo comune del promontorio sorge sulla cima di una collina a quasi 600 m. di altitudine, domina la piana della Terra di Capitanata, ma lo sguardo spazia dal Golfo di Manfredonia al Gran Sasso d’Italia, tanto d’aver meritato l’epiteto di «Balcone delle Puglie». Non a caso meta degli amanti del deltaplano, che qui hanno una base di lancio per i loro voli.

L’impianto urbano è caratterizzato da stretti vicoli e il belvedere balconato circonda gran parte del centro storico.

Le prime notizie documentate sono datate 1029, ma è del 1158 la sua annessione all’Abbazia di Montesacro, evento che sancisce la sua esistenza.

Questo non deve fuorviare, perché la zona ha tracce di frequentazione ben più remote e di gran pregio, da renderla di interesse mondiale per la sua preistoria. Sono stati trovati diversi siti e tra questi il più importante è Grotta Paglicci, che prende il nome dalla località in cui si trova.

La grotta testimonia la presenza dell’uomo per tutto il Paleolitico con più di 45.000 reperti, conservati a Taranto e nella mostra-museo del comune. La sua ricchezza di di graffiti, pitture parietali e impronte di mani, la rende uno dei siti archeologici di maggior rilievo in Italia. Nella grotta sono state ritrovate anche tre sepolture e numerosi resti umani del periodo Gravettiano ed Epigravettiano, probabilmente appartenenti all’uomo di Cro-Magnon. Agli inizi di settembre l’Università di Siena ha reso nota la scoperta del cane più antico in Italia, risalente ad un periodo compreso tra i 14.000 e i 20.000 anni.

Legata a una leggenda è la Grotta di San Michele. Narra dell’apparizione dell’arcangelo Michele ad alcuni abitanti che gli costruirono un altare all’interno e poi vi misero una statua che lo raffigura. Sono presenti anche due altari minori dedicati a San Raffaele e alla Santissima Annunziata.

Nel borgo si produce un olio eccellente, prodotto da una grande quantità di piante di olivo ultracentenarie che offrono uno scenario unico. Il 19 marzo, alla festa di San Giuseppe è tradizione l’accensione delle fanoje in diversi quartieri e zone del paese. Si tratta di alte cataste a forma di cupola, soprattutto realizzate con la legna delle potature degli ulivi, che gli organizzatori fanno a gara nel realizzarli sia per le dimensioni che per la durata del falò.

Rignano Garganico fa parte dell’associazione Borghi Autentici d’Italia.

Si ritorna sul percorso e si prosegue per Mattinata, sul versante centro-meridionale del Promontorio del Gargano, di cui è parte integrante del  parco nazionale.

Affacciato nel golfo di Manfredonia il paese è chiamato «farfalla bianca del Gargano» per la sua pianta e il colore dominante delle case. Il centro abitato è in una conca di ulivi circondata da mare e boschi e per la sua produzione di rilievo fa parte delle “Città dell’Olio” e di un itinerario detto “La Strada dell’Olio”. Ma è rinomato anche per il mare cristallino e le splendide spiagge tra le più belle d’Italia.

La Baia delle Zagare è famosa per i due faraglioni, di pietra bianca e con uno dei due a forma d’arco, che sono divenuti uno dei più importanti simboli delle bellezze naturalistiche della Puglia.

Il centro storico si trova nella parte inferiore ed è chiamato Junno. Presenta alcune costruzioni basse in pietre calcaree locali a secco dette pagghiére («pagliaio») che risalgono alla metà del XVIII secolo.

Anche questo territorio è ricco di testimonianze archeologiche dal Paleolitico, ma il sito che spicca tra i ritrovamenti è la necropoli daunia di Monte Saraceno, a circa 5 km dal centro di Mattinata, che conta circa 500 tombe su un pendio di fronte il mare.

Sono sepolture a forma di utero o borsa, scavate nella roccia calcarea e con i resti umani in posizione fetale. Ogni tomba era contrassegnata da stele funerarie in pietra, lastre rettangolari antropomorfe decorate sulla faccia e sui bordi con armi e ornamenti.

All’estremità del monte c’è la millenaria via sacra dei Dauni che collega con il mare sottostante.

Da monte a monte. In cima a Monte Sacro (874 m.) si trovano i ruderi dellantichissima abbazia benedettina della SS. Trinità in stile romanico, di cui le prime tracce risalgono a una bolla del 1058. Il complesso era costituito da una chiesa abbaziale a tre navate e dal convento. All’interno c’era una cappella dedicata a San Michele Arcangelo e un battistero a pianta quadrata. Si conservano le mura di cinta, numerosi capitelli e archi.

Qualche decina di chilometri con un panorama da togliere il fiato e il percorso termina nella splendida Vieste.

Adriana Maria Soldini

 

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