I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia – Tappa 7

 

Matera – Brindisi
143 km

La settima tappa ci porta dalla Basilicata alla Puglia per un percorso relativamente breve e adatta ai velocisti.

Noi devieremo di alcuni chilometri dal tracciato per visitare due piccoli paesi nei dintorni di San Giorgio Jonico, posto a un’ottantina di chilometri dalla partenza di Matera.

Per raggiungere il primo borgo a circa 10 km di distanza, invece di girare a sinistra per la SS 7, dobbiamo andare a destra sulla SS 7ter, passare Monteparano per arrivare poco più in là a Fragagnano, un grazioso centro sulla Murgia.

Sito sul crinale di una collina presenta testimonianze storico-artistiche, lasciate da nobili casate.

Il nome è d’origine romana, poiché il luogo è in prossimità del tracciato dell’Appia antica, e deriva dal gentilizio Freganius.

Il centro storico ha come centro di riferimento il cinquecentesco palazzo baronale che risulta essere il più antico dell’abitato. L’edificio è in conci di carparo perfettamente squadrati, ricoperti di calce nel prospetto meridionale. Tempo fa sono stati ritrovati resti umani sotto al pavimento del piano inferiore, da ricollegare con ogni probabilità alla presenza dei trabocchetti.

Sul lato occidentale di un terrazzo, che sovrasta piazza Regina Elena, si trova la statua in carparo di Santa Irene, e salendo in cima alla torre antica, è possibile scorgere le fortezze di Monteparano, Roccaforzata, San Marzano di San Giuseppe, Grottaglie, Sava e anche quello più lontano di Oria.

Quasi di fronte, fu edificato nel 1701 il palazzo marchesale per ordine del marchese Francesco Maria dell’Antoglietta, la cui casata ne fu proprietaria nel corso del secolo fino alla fine del feudalesimo (1797). A pianta rettangolare è in carparo rosato, con una struttura al di fuori dei canoni barocchi che si prestava sia da residenza che da fortificazione. Al suo massimo splendore il piano superiore era composto da un ampio salone dai tetti voltati a crociera e dalla camera pittata, una stanza decorata con affreschi simili a quelli pompeiani.

Dopo essere passato di mano ad altre famiglie nel 1979 venne donato al Comune.

A circa un chilometro ad ovest del centro abitato, nei pressi alla diramazione salentina della Via Appia, si trova la cappella della Madonna del Favore, di cui non si conosce la data della fondazione, ma di certo era già esistente nel maggio del 1577, a cui risalgono le prime notizie storiche. Una leggenda vuole la sua edificazione a seguito del ritrovamento di un’icona della Madonna dentro a un pozzo vicino.

In prossimità di via Cesare Battisti è ubicata una chiesetta rupestre abbandonata, dedicata alla Vergine come attesta la scritta Ave Maria sull’arco della porta d’ingresso. Sulla parte frontale dell’abside, all’interno di un’edicola, appare un affresco piuttosto singolare, strettamente connesso alla protezione della Madonna nell’ambiente rurale. Si trovano raffigurati la divinità madre, la famiglia e attrezzi agricoli posti ciascuno ai vertici di un triangolo. Immersi in un campo di grano dorato ci sono la Madonna col Bambino, che ha in mano un fascio di spighe come il bimbo seduto tra sua madre che prega e suo padre che osserva.

In occasione della festa di San Giuseppe, il 19 Marzo, si accendono i tradizionali falò di quartiere, antico rito di origine pagana ma che assume anche un ruolo di aggregazione sociale. Inoltre, a mezzogiorno si può assistere in piazza all’esposizione delle tavole votive con l’offerta dei piatti ai poveri dopo la benedizione; alla sera, in alcune case di fedeli si può gustare la tipica massa, un piatto di fettuccine casalinghe condite condite con olio d’oliva fritto e pepe.

Tornando raccordarci con il tracciato e prendendo la SS 7 prima di arrivare all’aeroporto di Taranto-Grottaglie si gira a destra sulla SP 81 in direzione di Monteiasi, la nostra seconda meta che fu un antico centro della Magna Grecia e dell’Albania salentina.

Il popolamento della masseria detta Montijasum avviene nel XVI secolo, su disposizione della nobili Antoglietta di origine normanna. In origine si chiamavano Natoli o de Nanteuil, poiché presero il nome al castello di Nantouillet (anticamente Nantoletium), vicino a Parigi, che nell’IX secolo fu assegnato loro dai primi sovrani capetingi.

La leggenda narra che uno dei nobili fu miracolosamente guarito ponendosi davanti alla reliquia del Crocifisso, rafforzandone il culto ed elevandolo a protettore della città.

La Chiesa Matrice dedicata a San Giovanni Battista (XVI secolo) custodisce tre statue del Crocefisso. La statua lignea del 1612 è collocata in una nicchia sull’altare centrale; mentre le due raffigurazioni in cartapesta del XVIII secolo, vengono portate in processione per le vie della cittadina il 3 maggio (Invenzione della Croce, festività nota come lu Crucifissu piccinnu) e il 14 settembre (Esaltazione della Santa Croce, antica solennità nota come lu Crucifissu granne). Altri reperti di pregio sono una statua seicentesca in legno della Vergine Immacolata e una statua settecentesca di san Giovanni Battista in cartapesta.

Tra la fine del XV secolo e i primi decenni del XVI, parte del territorio attesta la presenza dei Cavalieri di Malta, testimoniata dall’antico Parcus Tabernae, da cui l’odierno Barco Taverna, nella periferia ovest dell’abitato. Il Barco fu un importante avamposto militare per la difesa e il controllo della zona, per raccolta e trasformazione dei prodotti agricoli da inviare, a mezzo tratturo S. Giovanni-Mar Piccolo, al molo dei Battendieri, dove si caricavano le imbarcazioni. La struttura, nata come stazione di posta fin dal tardo Impero romano, dagli inizi del XVI secolo è stazione dei cavalieri di Malta. Il Barco e l’altra masseria (divenuta Casale poi Palazzo Ducale) rappresentano i primi nuclei abitativi del paese.

Ogni anno, in piazza Maria Immacolata, si tiene la taranta, la danza folkloristica rituale accompagnata da strumenti popolari, in particolare dal tamburello, a cui la credenza popolare dona il ruolo di ballo curativo contro il morso della tarantola, un piccolo ragno, tale da generare uno stato di malessere generale. Su musica, danza e colori si fonderebbe la terapia, ma pare che il morso fungesse da pretesto per risolvere, traumi, frustrazioni, conflitti familiari e altre vicende personali spiacevoli.

Il progetto per la riqualificazione di piazza Don Bruno Falloni dell’architetto Maurizio Bradaschia con Lorenzo Netti, Gloria A. Valente, è stato il terzo classificato della settima edizione del Premio IQU – Innovazione e Qualità Urbana per la categoria Città e architettura, sezione Opere realizzate, promosso da Maggioli Editore. Si è scelta la pietra calcarea bianca di Trani con l’intento di evocare i corsi in pietra dei monumenti del celebre barocco leccese, le geometrie dell’architettura della città vecchia di Taranto. La si è provveduta di una piccola aiuola verde, dove è stato piantato un pino marittimo, l’albero-simbolo delle coste mediterranee. Si è aggiunta una panca, per richiamare il «sedile», come era chiamato l’edificio municipale storico, dove la gente radunava per parlare.

Non poteva mancare qualche elemento ceramico che costituisce l’artigianato locale, quindi sono state introdotte delle piccole tessere di ceramica verde (degli smeraldi), sul “tappeto” centrale della piazza.Il tutto dotato di un’illuminazione minimalista e nell’insieme dà un senso di ordine, permeato di poesia.

Si torna indietro per riprendere la SS 7 e proseguire il viaggio che finisce nella città di Brindisi.

Adriana Maria Soldini

Previous post

I borghi del Giro d’Italia - Tappa 6

Next post

I borghi del Giro d’Italia - Tappa 8

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *