I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia – Tappa 12

Cesenatico – Cesenatico
204 km

La dodicesima tappa è un itinerario ad anello splendido da percorre, tutto da dedicare all’indimenticabile campione di ciclismo Marco Pantani originario di Cesenatico, la località balneare romagnola che è città di partenza-arrivo.

Dopo quasi 100 km. dalla partenza, attraversando la provincia di Forlì-Cesena, si giunge nel borgo di Sogliano al Rubicone, classico arrivo di tappa della settimana internazionale “Coppi e Bartali”.

Lo troviamo adagiato sulle colline circondate dai fiumi Uso, Rubicone e Savio, ricchissimo di cultura e natura, da poter usare il termine «opulento». Al centro della piazza principale, intitolata a Matteotti, si trova la Fontana delle Farfalle, uno dei simboli del paese, ideata da Tonino Guerra e inaugurata nel 2003.

E tracciamo sulla mappa una riga della scrittura per raggiungere piazza della Repubblica, dove si può ammirare il settecentesco Palazzo David della famiglia imparentata con Giovanni Pascoli.

piccolo grandemente amato paese di Romagna

scrive il poeta nella dedica sul volume di Myricae che mandò al comune dopo che  l’8 marzo 1906 deliberò per lui la cittadinanza onoraria e l’intitolazione della via dove si trovava il monastero delle Agostiniane, frequentato dalle sorelle Ida e Maria come educande dal 1874 al 1882. La nonna materna Olimpia Allocatelli era del paese, mentre la zia materna Rita Vincenzi sposò il soglianese Placido David.

Come nei libri delle tue preghiere,
libri che tutto il tuo segreto sanno,
i fiori che tu ponesti, or è qualch’anno
colti a Sogliano nelle rosee sere

E come ci si può aspettare furono qui composte diverse liriche e altre ne furono ispirate.

Nel 1889, nella sua casa di Livorno, Pascoli scrisse queste terzine:

 

Questa notte, vegliando, ho riveduto,
per via, Sogliano desto dall’aurora
che gl’indorava il campanile arguto.
La guazza rilucea sopra i dianti:
dai vilucchi saliva, ad ora ad ora,
come un esile odor di semisanti

E poi di Sogliano sono altri poeti, scrittori e artisti.

Non pago di così tanta cultura vuole sorprendere il visitatore con i numerosi  musei nel centro storico e nelle sue frazioni.

In centro, poco prima di arrivare in piazzetta Garibaldi, si incontra il Museo Minerario che testimonia la storia delle miniere, in particolare quelle carbonifere di Montegelli, di Montetiffi e del Capannaccio, attive fra il 1780 e il 1942.

Giunte in  piazza, nell’ottocentesco Palazzo della Cultura hanno sede ben cinque mostre permanenti: il Museo di Arte Povera, il Museo del Disco d’Epoca, la Collezione Veggiani, il Museo Linea Christa ed il Museo Leonardo da Vinci e la Romagna.

Da sottolineare che nel primo si conservano tra i libri d’arte: il Codice Palatino 313, con il testo della Divina Commedia e commentario di Jacopo Alighieri, primo manoscritto miniato (1325-1350) del capolavoro dantesco; il Libro con le pagine d’oro, inciso su lamine d’oro a 24 Kt; i preziosi volumi Michelangelo e Canova, con copertina in marmo di Carrara scolpito a mano.

Le risorse naturalistiche sono gli altri preziosissimi tesori. Gode della presenza di tre oasi naturalistiche (Montetiffi, Tornano, Rontagnano) e nel 2017 sono stati inaugurati i Sentieri dell’Alto Rubicone, una rete escursionistica di 155 km con 16 nuovi sentieri ad anello.

Degno di nota è anche la sua produzione enogastronomica. Il suo simbolo è il formaggio di fossa che nel 2009 ha ottenuto il marchio DOP con la denominazione Formaggio di Fossa di Sogliano DOP. Il nome viene dalla tradizione di origine medievale di deporre le forme in antiche fosse a forma di fiasco, scavate nella roccia arenaria a circa tre metri di profondità. In particolare nella frazione di Montegelli, conosciuta anche come «il borgo degli antichi sapori», si preparano alcuni prodotti tipici della tradizione contadina legati alla vendemmia: il savor, una marmellata dolce preparata con una base di mosto d’uva; la saba, mosto bollito molto dolce reso denso dalla lunga e lenta cottura; il mastlaz, vino primaticcio ricco di zuccheri che si ottiene dalla prima uva di settembre. Una curiosità: da secoli nel borgo in pietra di Montetiffi si producono le teglie di Montetiffi, i piatti di terracotta per cuocere la tipica piadina romagnola, così rinomati che Pascoli in L’asino cantava il paese dei tegliai:

fosse andato pur là dove è maestra gente
in far teglie, sotto cui bel bello
scoppietti il pungitopo e la ginestra:
a Montetiffi;

Ripartiamo e proseguiamo il viaggio, rientriamo nella provincia di Rimini, una toccata e fuga in quella di Pesaro-Urbino con Madonna di Pugliano, e poi di nuovo nel riminese, nella media Valle del Marecchia e al centro della regione storica di Montefeltro. Senza riuscire a trattenere la meraviglia ci imbattiamo davanti alla maestosità del masso calcareo, trasportato nel Miocene dal Tirreno verso l´Adriatico, dove a circa 600 m. di altitudine sorge San Leo, a cui si può accedere salendo su un’unica strada tagliata nella roccia.

Un altro borgo che sa affascinare chi lo visita per l’asprezza della sua posizione, i gioielli architettonici e artistici che conserva, e le tracce lasciate da importanti personaggi storici che vi hanno transitato. Fu capoluogo della contea di Montefeltro e teatro di battaglie per circa due millenni con Bizantini, Goti, Franchi e Longobardi. L’ultimo re longobardo, Berengario II, fece assumere alla fortezza il titolo di «Capitale d’ltalia» (962-964). Venne evangelizzato da San Leone (IV sec.), ospitò Dante Alighieri («Vassi in San Leo…») e San Francesco d’Assisi, che nel 1213 ricevette in dono il Monte della Verna dal conte Orlando di Chiusi nel Casentino (esiste ancora la stanza del colloquio fra i due uomini) e che si dice abbia fondato il convento di Sant’Igne.

Il centro medievale, compatto e lastricato in pietra, è dominato dagli edifici romanici (pieve, cattedrale e torre campanaria), mentre i palazzi sono stati rivisitati in particolar modo durante il Rinascimento.

La cattedrale di San Leone è considerata il più alto esempio d’architettura medievale del Montefeltro e una delle più singolari e importanti testimonianze del romanico-lombardo. Con  pianta a croce latina e due navate minori ingloba i ruderi del Duomo altomedievale, eretto a ridosso del VII secolo, come numerosi resti scultorei. Per le pareti a picco non c’è l’ingresso sulla facciata, proprio come nella pieve adiacente, ma il portale è aperto su un fianco ed è sormontato dai busti scolpiti di San Leone e di San Valentino, provenienti della chiesa antica.

La pieve dell’Assunta è il più antico monumento religioso di tutto il Montefeltro, rappresenta la prima testimonianza materiale della cristianizzazione della zona, ed è uno degli edifici medievali più ricchi di fascino dell’Italia centrale. Si accede all’interno da due portali praticati nei muri di fianco. A pianta basilicale l’interno è scandito dalle arcate su sostegni alterni che suddividono le tre navate. Ha quattro capitelli corinzi sulle colonne delle navate (I-IV sec.) e il presbiterio porta nell’incavo dell’abside centrale uno splendido ciborio dell’882, dedicato dal Duca Orso alla Vergine.

Il centro storico si sviluppa attorno alle chiese della piazza principale con edifici importanti tra cui: il palazzo Mediceo (1517-23) che ospita il Museo di Arte Sacra, la residenza dei Conti Severini-Nardini (XIII-XVI sec.), il palazzo della Rovere (XVI-XVII sec.), la chiesa della Madonna di Loreto, e altre abitazioni sorte tra il XIV e il XIX secolo.

In cima, fuori dall’abitato, c’è il forte. Il primitivo nucleo altomedioevale venne ampliato tra XIII e XIV secolo, quando i Malatesta sottrassero San Leo ai Montefeltro. Nel 1479 il mastio medievale, difeso da torri malatestiane quadrangolari, fu riprogettato dall’architetto senese Francesco di Giorgio Martini su ordine di Federico da Montefeltro per renderlo più idoneo alle nuove esigenze di guerra. Nel 1631, quando il Ducato di Urbino passò sotto lo Stato Pontificio, venne adattato a carcere.

Il detenuto più celebre fu Giuseppe Balsamo, conosciuto come Alessandro conte di Cagliostro, alchimista e guaritore noto nelle corti più importanti d’Europa che fu uno dei personaggi più misteriosi e intriganti del XVIII secolo. La sua permanenza durò dal 1791 fino alla sua morte, il 26 Agosto 1795.

È possibile visitare la sua cella, ora dotata di un recente accesso laterale, ma ai suoi tempi vi venne calato da una botola sul soffitto, da cui in seguito gli passarono il cibo.

Nel 2007 due «cacciatrici di paesaggi» hanno ritrovato i paesaggi che ispirarono Piero della Francesca tra le valli del Marecchia e del Metauro. Sono stati aperti al pubblico tre Balconi di Piero, affacciati su altrettanti paesaggi dipinti, di cui due sono nel comune di San Leo.

Il primo in località Varco Biforca-Tausano dove, verso la Toscana, si è ritrovato il paesaggio di Battista Sforza del famoso Dittico dei Duchi, conservato agli Uffizi.

Il secondo balcone, rivolto verso il mare, è lo sfondo del quadro San Girolamo e il Devoto, esposto alla  Galleria dell’Accademia di Venezia.

San Leo fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia.

Si lascia di nuovo la provincia di Rimini per fare ritorno in quella di Forlì-Cesena e riportarsi a Cesenatico.

Adriana Maria Soldini

 

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