I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia – Tappa 11

Porto Sant’Elpidio – Rimini
182 km

Oggi siamo nelle Marche, e in meno di 30 km dalla partenza si attraversano tre province. Si parte da Porto Sant’Elpidio e già dopo 2,5 km. siamo già in provincia di Macerata. Da Porto Potenza Picena ci allontaniamo dal percorso di circa 12 km. verso l’interno, prendendo Contrada Castelletta per raggiungere il borgo di Montelupone sulle dolci colline marchigiane. 

Un paese medievale ancora cinto dalle mura antiche che percorrono il perimetro del centro storico per circa 1 km. con porte e torri di avvistamento di due tipi, a pianta rettangolare o a puntone, testimonianza della dominazione malatestiana.

Il borgo è stato costruito per fasi successive partendo da un nucleo centrale con ampliamenti “veli di cipolla” e racchiude un patrimonio artistico invidiabile. Dal XV secolo gli ordini religiosi e il patriziato locale si sono serviti di artisti di rango per riportare in parte lo splendore delle città d’arte più ricche dello Stato Pontificio. Ed è così che passeggiando per le sue vie e le sue piazze si ha modo di ammirare palazzi e chiese di grande pregio, tra cui il palazzo del Podestà (XIV sec.) con loggiato a cinque archi, che ospita la pinacoteca civica, e la torre civica anch’essa trecentesca; il teatro storico “Nicola Degli Angeli” (XIX sec.), il Museo Storico Fotografico e il Museo di arti e mestieri, la chiesa monumentale di San Francesco.

Nel sottosuolo del centro storico, a pochi metri dal piano stradale, si snoda un reticolo di grotte e cunicoli che mette in collegamento quasi tutte le cantine delle abitazioni. Una parte delle grotte hanno avuto origine dal prelievo di terra e sabbia per produrre malta o intonacare i muri delle case. Per i cunicoli più antichi è stata fatta l’ipotesi che siano stati scavati per consentire il passaggio di persone e rifornimenti durante gli assedi, date che ce ne sono chhe portano fuori dalle mura.

Alcune gallerie sono lunghe decine di metri, come quella perfettamente conservata che dall’abitazione Bonifazi prosegue per 80 m. fino alla chiesa di San Francesco. Invece, altre sono disposte su diversi piani come quella del palazzo Narcisi-Magner, che al suo interno ha un pozzo d’acqua limpidissima.

Nel 1798 Montelupone diede rifugio alla famiglia recanatese di Monaldo Leopardi, in fuga dalla propria città, nell’anno della nascita di Giacomo Leopardi.

Nella frazione di San Firmano, a circa 4 km dal centro, si trova la romanica abbazia benedettina di San Firmano, con chiesa e convento, attorno a cui si è sviluppato il centro abitato con un nucleo storico di origine settecentesca. La chiesa di San Firmano venne fondata nel 986 e ricostruita nel 1256 dopo essere stata quasi distrutta dalle lotte tra guelfi e ghibellini. Presenta una facciata a capanna in laterizio con portale in pietra dalla lunetta bizantina con cinque figure in altorilievo ricavate sul retro di una statua romana, ancora visibile dalla parte interna alla chiesa, quasi un simbolo del passaggio dal Paganesimo al Cristianesimo. L’interno a pianta basilicale con tre navate, concluse da absidi circolari, ha un presbiterio rialzato sopra la cripta di impianto gotico, con pilastri e colonnine ottenuti impiegando materiali di epoca romana.

Sorprende l’alta e ripida gradinata, necessaria per innalzare la cripta e proteggere l’abbazia dalle frequenti esondazioni del fiume Potenza. Salendo i 17 gradini si arriva al piano superiore provvisto di quattro pilastri. Sull’altare si trova una statua di San Firmano in terracotta policroma, attribuita ad Ambrogio della Robbia (XV sec.). Ai piedi della statua le reliquie del santo sono conservate in un’urna di ottone dentro a una custodia di ferro battuto, sul cui lato superiore è rappresentato lo stemma di Montelupone. L’altare è sostenuto da un arco, al di sotto del quale i fedeli passano per nove volte consecutive per guarire dal mal di ossa.

Da almeno il 1434 in poi (anno degli “Statuta” di Montelupone), ogni undici di marzo, i magistrati di Montelupone si recavano all’abbazia per presentare omaggio al patrono e il podestà offriva, un pallio di seta e delle candele di cera, come stabilito dagli statuti. L’offerta dei ceri è arrivata fino ai nostri giorni e il sindaco ripete il gesto antico durante la messa della festa patronale.

Fa parte dei Borghi più belli d’Italia e ha conquistato la Bandiera Arancione del TCI.

Torniamo sul percorso tracciato per il Giro 2020 ed entriamo nella provincia di Ancona, superiamo Osimo e ci fermiamo ad Aspio Terme, dove da fine Ottocento si sfrutta l’acqua salsobromoiodica delle sorgive spontanee (vicine al torrente Aspio) per le sue proprietà benefiche, in primo luogo per cure idropiniche e, in misura minore, per la balneo fangoterapia. Le Terme dell’Aspio sono state istituite nel 1930, anno di rilascio della concessione mineraria.

Aspio Terme è una frazione di Camerano, un borgo dalle antichissime origini che risalgono all’occupazione dei Piceni tra il VII e il IV millennio a.C.

L’area del sottosuolo, chiamata «Città Sotterranea» o «Grotte di Camerano», è scavata nell’arenaria e occupa il centro storico come un labirinto. Appaiono ovunque abbellimenti architettonici, bassorilievi e particolari decorativi, come volte a cupola, a vela, a botte, sale circolari e colonne, fregi, motivi ornamentali e simboli religiosi.

L’origine è incerta, ma la tradizione orale sostiene che «di Camerano ce n’è più sotto che sopra» , e che «le grotte sono antiche quanto è antico il paese». Le grotte oggi visitabili sono il frutto di modifiche e ampliamenti dal medioevo fino alla prima metà del ’900. Oltre alla funzione protettiva (in caso di assedio nel passato e di guerra durante il secondo conflitto mondiale), alla conservazione del cibo e alla ricerca dell’acqua, le grotte sono servite anche come luoghi di culto e di riunione, come comprova la presenza di due chiese ipogee e delle sale a pianta circolare e ottagonale con fregi e simboli religiosi, legate ad ordini di monaci guerrieri e ospedalieri.

La grotta Mancinforte è uno degli assi principali del sistema ipogeo. Il complesso si trova a circa 20 m. di profondità e ha una chiesa sotterranea a pianta ottagonale, con due simboli religiosi a bassorilievo che raffigurano l’eucarestia e un calice. L’ultima parte della grotta è invece caratterizzata da un ambiente allagato, in cui vi è un costante stillicidio d’acqua che ha creato negli anni delle stalattiti.

Le grotte Corraducci sono uno dei complessi più vasti e si dipartono dai sotterranei del palazzo omonimo e i cunicoli, scendendo in profondità, vanno a ricollegarsi con la grotta Mancinforte. Particolarmente interessante è la grande sala circolare con 12 nicchie e la volta decorata a bassorilievo, che è definita «la grotta della cospirazione», per l’ipotesi che vi si tenessero riunioni segrete per l’adesione ai francesi, poi a logge esoteriche come Massoneria e Carboneria, da parte della famiglia Corraducci.

La grotta Riccotti è uno degli ambienti più interessanti sia per l’aspetto e la funzione di chiesa sotterranea, sia per la posizione all’interno della rupe detta «Sassòne» sotto ai ruderi della chiesa di Sant’Apollinare, anteriore all’anno Mille e annessa al castello medioevale. Si suddivide in una navata a pianta rettangolare, una piccola cripta a pianta esagonale, una zona absidale con nove scranni e una croce patente iscritta in un cerchio di dubbia interpretazione. C’è chi dice si tratti di una croce greca, per confronti con altri antichi ipogei mediterranei come i romitori dei monaci Basiliani; altri, la interpretano come una croce dei templari.

La grotta Trionfi si sviluppa dall’ex palazzo della famiglia Trionfi, una delle più antiche e prestigiose dell’anconetano, un complesso notevole dal punto di vista architettonico e delle decorazioni a bassorilievo. Nello specifico ci sono due ambienti collegati da un lungo corridoio, uno a pianta circolare e l’altro a pianta ottagonale, destinati al culto o alla riunione, con simboli religiosi scolpiti sulle pareti insieme con fregi ornamentali di vario tipo.
La tradizione orale racconta che in antico vi si radunavano «frati guerrieri», una tesi supportata dalla presenza a partire dal Medioevo di un ospedale dei pellegrini e da un ordine Ospitaliero, così come da alcune proprietà dell’Ordine dei cavalieri di Malta nella stessa contrada.
Due croci trilobate e una stella ad otto punte sono sulla volta della sala ottagonale dotata di un effetto acustico che amplifica la voce di chi si trova al centro della sala.

Proseguiamo fino a Senigallia per poi lasciare l’anconetano, passare per la provincia di Pesaro Urbino, valicare il confine regionale con l’Emilia-Romagna e arrivare a destinazione, la città di Rimini.

Adriana Maria Soldini

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