I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia – Tappa 5

Mileto – Camigliatello Silano
225 km

Siamo sul continente. Il Giro ha lasciato l’isola siciliana e ora si trova in Calabria.

La quinta tappa parte da Mileto in provincia di Vibo Valentia per quello che è il primo vero “tappone” con i suoi 225 km. e tre GPM, di cui l’ultimo di prima categoria in prossimità dell’arrivo.

Oggi la nostra scelta cade su due borghi dell’istmo di Catanzaro o Istmo di Marcellinara.

A 55 km. dalla partenza troviamo il bivio di Cortale, un comune situato esattamente al centro del punto più stretto della Calabria, una striscia di terra di circa 30 km. che divide i due mari. È posto su una collina domina pianure e vallate con una splendida vista aperta tra il Golfo di S. Eufemia e quello di Squillace.

Il borgo dalla storia millenaria, fatto di stretti vicoli sovrastati a tratti da tunnel di tufo e di un saliscendi di gradinate, conserva uno dei più antichi centri storici della Calabria, caratterizzato dalla presenza di due fontane storiche:

I Cinque Canali (XVI secolo), la più antica fontana del paese che è costruita in mattoni rossi e dotata di cinque cannelle poste in nicchie verticali; I tre Canali che risale al 1903 circa). È un reperto di archeologia industriale di particolare interesse storico il Lavatoio delle Olive, che consiste in una macchina idraulica olearia da cui si estraeva l’olio destinato dalle industrie dalle sanse esauste derivate dai trappeti (frantoi) dei dintorni.

Nell’area dell’ex abbazia di Cortale è stato scoperto un betilo, antichissimo reperto lapideo a cui si attribuiva una funzione sacra in quanto dimora di una divinità (o perché identificata con la divinità stessa).

La pietra riporta con ogni probabilità la più antica iscrizione della Magna Grecia e della Sicilia finora ritrovata. La sua superficie ha segni impressi, coperti da una patina rossiccia, che costituirebbe una dedica a Ercole Boario. La forma delle lettere e il loro uso corrispondono all’epoca achea, mentre la forma del betilo è conforme a questo culto che si collega al mito dell’impresa di Ercole, quando portò i buoi di Gerione dalla Spagna alla Grecia passando da Calabria e Sicilia.

Al chilometro 111,200 del percorso si trova il secondo GPM di terza categoria in corrispondenza del comune di Tiriolo, situato sopra un poggio a nord dell’istmo di Catanzaro tra la valle del fiume Amato sul versante tirrenico e quella del fiume Corace sul versante ionico. La porzione nord-orientale del paese è addossata alle pareti rocciose di uno spuntone calcareo.

Tra storia e leggende Tiriolo offre ai visitatori un ricchissimo patrimonio culturale e naturalistico, ben tutelato e valorizzato. Malgrado abbia poco più di 3.700 abitanti conta diversi musei e siti archeologici distribuiti tra il centro e il territorio circostante, dove è presente un villaggio fantasma chiamato Rocca Falluca al confine con il territorio di Settingiano. Si tratta dei ruderi di un antico borgo medievale, fondato alla metà dell’XI secolo attorno a un castello normanno e abbandonato alla fine del XVI secolo, che fu patria dell’umanista Agazio Guidacerio (1477-1542), noto studioso a livello internazionale di lingua e cultura ebraica. Del borgo rimangono i resti del castello e il Santuario della Madonna della Rocca, restaurato negli anni Ottanta con il rifacimento anche della statua della Madonna (ora posta all’interno della nicchia sopra l’altare) e oggi sede di nuove iniziative e attività religiose.

A Tiriolo i ritrovamenti archeologici sono numerosi e degni di nota. In passato fu un importante centro dei Brettii, popolo di stirpe italica, che conta oggi numerose testimonianze sul territorio comunale. Nel 2008, in località Castaneto, si è portata alla luce una necropoli con una rarissima tomba monumentale brettia a camera, ora esposta nella seconda sala dell’Antiquarium.


La tomba risale al IV-III secolo a.C., ha forma rettangolare (2,70x 4,00 m) ed è composta da blocchi squadrati di calcare locale con scolpite due eleganti semicolonne scanalate costeggiate da un listello verticale sulla parte anteriore.

Appartenuta a un personaggio di rilievo della comunità venne riutilizzata poi più volte Per cause di diversa natura l’ordine della deposizione era sconvolto: la teca in laterizi al centro della tomba conservava i resti del defunto più antico, mentre quelle degli altri defunti erano sparsi sul pavimento attorno alla teca. È stato rinvenuto parte del corredo funerario, tra cui unguentari, frammenti di strigili in bronzo, un’anforetta frammentaria, parte di uno strumento musicale a fiato in osso, strisce di cuoio, una testina femminile in terracotta, due frammenti di un arto equino in terracotta, chiodi di ferro, elementi in piombo attribuibili a paramenti di cavallo, un coltello in ferro, frammenti di grappe in piombo, e frammenti di ceramica a vernice nera pertinenti ad una piccola coppa e a uno skyphos. Erano presenti anche resti ossei di origine animale con tracce evidenti di combustione.

La scoperta più sorprendente legata alla presenza brettia è avvenuta nel 2015 in località Gianmartino. Dopo prospezioni georadar che hanno evidenziato la presenza di un vasto reticolo di strutture murarie, gli scavi stratigrafici hanno restituito una struttura monumentale di grande rilevanza per l’eccellente stato di conservazione con muri alti oltre 1,5 metri di altezza, la ricchezza dell’apparato decorativo architettonico (un mosaico con due delfini e un terzo pesce non identificato, capitelli in pietra dipinti in rosso e nero con una decorazione a palmetta, muri in terra cruda intonacati e dipinti), e il ritrovamento di altri materiali, quali monete ronze e brettie, e il tesoretto di monete puniche.

Denominato Palazzo dei delfini (IV-III sec. a.C.) l’edificio è uno spazio articolato in un lungo corridoio colonnato, sul quale si affacciano tre ambienti, oltre a una stanza pavimentata in cocciopesto con il mosaico dei delfini nel riquadro centrale. Si ha quindi: una seconda stanza dotata di porta monumentale, una terza con pavimento a cocciopesto decorato a motivi geometrici, e un grande atrio-vasca.. Il sito rivela più fasi di vita prima della distruzione attestata da un consistente livello di incendio, e i resti rinvenuti farebbero pensare a una funzione religioso-sacrale.

Il più significativo reperto di origine romana è una tavoletta bronzea con inciso il Senatusconsultum de Bacchanalibus del 186 a.C., il decreto del senato di Roma con il quale si vietavano i culti in onore di Dioniso o Bacco, rinvenuta nel 1640 durante i lavori per la costruzione del palazzo dei Cigala, signori del luogo. Oggi è conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna, poiché nel 1727 il principe Cigala la donò all’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Una copia si trova nell’Antiquarium civico di Tiriolo.

Dopo oltre 100 km il viaggio si conclude a Camigliatello Silano, in provincia di Cosenza.

Adriana Maria Soldini

 

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