I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia – Tappa 15

Base Area Rivolto (Frecce Tricolori) – Piancavallo
185 km

Siamo in Friuli Venezia Giulia. La quindicesima tappa è il preludio di quelle durissime della terza settimana, le alpine per intenderci. La partenza è col botto. I ciclisti sono radunati alla Base Aerea Rivolto, la casa delle Frecce Tricolore, ma il punto 0 è a Villa Manin. È un itinerario per lo più in salita, ma sarà la lunga ascesa verso l’arrivo che rischia di spezzare le gambe ai corridori.

Dalla provincia di Udine si fa un primo passaggio in quella di Pordenone, e noi ci fermiamo a Pinzano al Tagliamento, borgo pedemontano delle Dolomiti Friulane. Posto alla destra orografica del Tagliamento è considerato la porta da cui si accede alla Val d’Arzino.

Sorge nel punto in cui l’antica strada romana pedemontana (da Concordia al Norico) attraversava il Tagliamento. Fin dall’antichità qui si transitava verso i più importanti luoghi di pellegrinaggio.

In posizione dominante si trovano i resti del castello Savorgnan che consentiva il controllo della strada pedemontana nominata nel V secolo da Veneziano Fortunato e della stretta del Tagliamento.

Il castello è citato per la prima volta nel XII secolo, occupato dai signori Pinzano fino al 1344. Il maniero fu più volte ampliato e ristrutturato, in particolare dopo i disastrosi terremoti del 1348 e del 1511.

Fino al terremoto del 1976 un alzato di un certo rilievo era ben visibile, in seguito pochi ruderi e qualche tratto murario. In origine il mastio era attorniato da ben tre cinte murarie. Negli spazi intermedi esisteva un piccolo borgo di cui si possono intravedere le fondamenta tra la vegetazione. Alcuni lavori di recupero hanno fatto emergere le cantine del maniero, formate da tre grandi volte a botte in laterizio, di cui una a doppio rivestimento.

Leggende e credenze popolari aleggiano sul castello di Pinzano da tempo immemore. Si dice che nei suoi sotterranei i signori Pinzano avrebbero predisposto una stanza colma dei bottini, provenienti da varie parte del Friuli. Inoltre, si troverebbe una rete di gallerie segrete e una galleria porterebbe al fiume Tagliamento; da qui sarebbe fuggita la figlia adottiva dei Pinzano durante l’eccidio del 1344. Una leggenda più vicina ai nostri giorni racconta di una povera donna che una sera a mezzanotte, mentre vagava tra le rovine del castello, vide il fantasma di un cavaliere uccidere con la spada un leone. Scappò urlando e accorsero in suo aiuto le ninfe d’acqua Agane dell’Arzino e del Tagliamento che fecero per condurla verso il fiume. Quando la donna si accorse che in realtà le ninfe avevano  intenzione di annegarla, invocò la Madonna e le Agane si diedero alla fuga terrorizzate.

Il territorio offre numerose testimonianze storiche e artistiche di un certo interesse, come le chiese parrocchiali di Pinzano e Valeriano e, sempre in frazione, la chiesetta di S. Maria dei Battuti.

La prima nota scritta di un oratorio di San Martino in Pinzano è del 1294. La chiesa parrocchiale di San Martino è stata oggetto di un primo ampliamento nel 1520 con la ricostruzione del presbiterio e nella costruzione di tre cappelle laterali, affrescate da Giovanni Antonio De’ Sacchis detto «Il Pordenone». Spiccano per l’espressività dei volti, la Santa Vergine con Bambino incoronata da angeli (1525) e il Martirio di San Sebastiano (1527). Dello stesso periodo è la Madonna del cassonetto, cosiddetta perché si trova inserita in un cassonetto di legno decorato, che in realtà proviene dalla chiesetta di Ognissanti in castello, come il gruppo ligneo della Pietà (XVI sec.) sul primo altare della navata sinistra. Altra opera d’arte di pregio è la pala d’altare San Antonio in Gloria (1740) di Gianantonio Guardi, data in prestito per una mostra monografica tenutasi a Venezia nel 1965.

Nella forma attuale l’edificio sacro è frutto dell’ampliamento del 1773, che portò la lunghezza delle navate a 17 m. e a un’aggiunta di 7,35 m. per estendere il coro. Questo rese necessaria una nuova consacrazione nello stesso anno. Nel 1755 venne terminata la facciata, mentre risale al 1757  l’altare maggiore in marmo dei fratelli Silvestro e Giuseppe Comiz di Pinzano.

Valeriano è la frazione più popolosa, sita fra le colline di Castelnovo a nord e il greto del Tagliamento a sud, circondata da vigneti di vitigni locali (piculit neri, forgjarin, scjarlin, ucelut).

Sul suo territorio sono presenti due chiese che sono fondamentali per lo studio dell’arte friulana del Cinquecento.

La chiesa di Santa Maria dei Battuti è un piccolo gioiello trecentesco eretto dalla confraternita dei Battuti di Valeriano. A navata unica con volta a botte è stata più volte ampliata. Al XVI secolo è datata l’attuale abside poligonale con la parete di fondo a tre lati. La facciata della fine del Quattrocento è divisa in quattro scene principali. A destra del portale (1499) di Giovanni Antonio Pilacorte si trova un imponente San Cristoforo, forse opera di Marco Tiussi. A sinistra del portale c’è un affresco del Pordenone con i santi Valeriano, Giovanni Battista e Stefano, e sopra i Re Magi in adorazione. Sulla lunetta dell’architrave, si trova una Madonna in trono, in parte cancellata e sovrastata dallo stemma dei Savorgnan. Tutti gli affreschi originari (1542) sono stati trasferiti sulla contro facciata per proteggerli dalle intemperie, mentre fuori sono state riprodotte delle tracce monocromatiche. All’interno conserva un altro ciclo di affreschi del Pordenone dal titolo la Natività (1527), piena di particolari sulla ricostruzione della vita popolare dell’epoca, e accanto una Fuga in Egitto (forse opera di un collaboratore), e un trecentesco Cristo in Gloria.

Sulla parete sinistra della navata si trovano opere trecentesche: Ultima Cena, una Trinità, un San Niccolò, e una scena naturalistica.​

Nella pala d’altare di Gasparo Narvesa di fine Cinquecento vi appaiono la Trinità con la Vergine e San Giovanni Battista, e in basso i santi Valeriano e Severo. Da una scritta nell’opera si apprende che la pala adempie a un voto del pittore verso San Severo, a cui attribuisce la vista riacquistata dalla figlia. L’altare in marmo (1527) è stato benedetto solo nel 1964, in quanto mai usato prima. L’altare ligneo originario è ora esposto al museo di palazzo Ricchieri a Pordenone.

All’inizio del paese giungendo da Spilimbergo si trova la chiesa di Santo Stefano, che deriva dall’antica pieve di San Pietro a Travesio. Se ne fa menzione la prima volta nel 1186 in una bolla di Urbano III, e forse aveva sede nello stesso luogo.

​Due iscrizioni apposte alla destra del portale, in pietra bianca d’Istria dello scultore Carlo Carona «il Pilacorte», e sul suo architrave riportano la data del  1492 per l’edificio attuale. La facciata è costituita in parte dagli originali blocchi di pietra e in parte da muratura intonacata. A navata unica e a botte a tutto sesto l’edificio è in stile romanico con influssi gotici. L’abside è poligonale a tre lati e all’interno ospita un pregevole coro ligneo a diciannove stalli, con decorazioni intarsiate a motivi geometrici. ​Spiccano le opere del Pordenone: il grande trittico di San Valeriano, San Michele arcangelo e Giovanni battista (1506), ritenuta la prima opera certa dell’artista; sulla parete opposta, la Trinità (1535).

A est dell’abitato il bosco di Valeriano è tra le più importanti risorse ambientali del territorio, poiché è uno degli ultimi esempi di bosco planiziale a faggeta, che trae origine dalla glaciazione wurmiana di 100.000 anni fa. Sono presenti antichi castagneti, boschetti di betulle, aceri di monte, inframmezzati ai ceduti di robinia, mentre salici ed ontani sono vicini ai rii. Si possono percorrere alcuni sentieri ideali per le osservazioni botaniche e l’attività ciclistica. La stagione migliore per visitarlo è la primavera con la spettacolare fioritura di Crocus, primule e anemoni, ma anche durante il feuillage autunnale.

Da segnalare anche le cascate del torrente Pontaiba vicino a Manazzons.

Rientriamo in provincia di Udine e raggiungiamo il primo traguardo volante fissato nel borgo di Villa Santina.

Altro piccolo centro con un patrimonio storico di tutto riguardo, che comprende anche l’importante sito archeologico di Col di Zuca, un complesso culturale di epoca paleocristiana (V secolo d.C.) con resti di una basilica dalla pavimentazione decorata a mosaico.

Di particolare interesse è la pieve di Santa Maria Maddalena, una delle undici antiche pievi della Carnia. Gli scavi documentano tre fasi costruttive e la sua origine daterebbe al VI-VII secolo, ma la chiesa attuale è stata costruita nel 1431, forse con il reimpiego di  pietre da un altro edificio e dal maestro Stefano fu Simone di Mena, carpentiere di Venzone. All’interno si segnalano un dipinto di Antonio Agostini (1570) e un tabernacolo in pietra con l’Annunciazione (XV secolo). L’altare presente è una copia dell’originale di Domenico da Tolmezzo, ora esposto al Museo Diocesano d’Arte Sacra di Udine.

Villa Santina è compreso nel parco intecomunale delle colline carniche e ha sul suo territorio due splendide cascate.

Dal santuario della Madonna del Ponte verso il Tagliamento, si segue la strada in direzione di  Verzegnis e dopo il ponte si prende a destra la sterrata. Una quindicina di minuti e si arriva a uno slargo, un belvedere da cui godere della vista della vallata.

Dopo alcuni metri una discesa conduce alla cascata Plera, immersa in una natura lussureggiante, è molto interessante dal punto di vista geologico, naturalistico ed ambientale. 

La cascata Radime è visibile sia dal centro di Villa Santina che dalla statale 52, ma lo è per breve tempo, solo nei giorni di piogge intense o allo scioglimento della neve.

La parete calcarea denominata «Cret», domina l’abitato a Nord Est ed è solcata da un lato dalla forra del torrente Vinadia. Dall’altro è lo scenario della spettacolare cascata Radime che ha origine dal torrente omonimo, proveniente dal comune di Lauco. La cascata compie un salto di ben 230 m. ed è una tra le sette più alte d’Europa.

Lasciamo il borgo per fare ancora una lunga incursione nella provincia di Pordenone e giungere in cima a Piancavallo, termine corsa.

Domani il Giro si mette in pausa.

Adriana Maria Soldini

 

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