I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia 2021 – Tappa 5

Modena – Cattolica
175 km

Altra tappa che dal cuore della regione cuore d’Italia parte da Modena e tira dritto fino al mare, con un percorso da velocisti quasi sempre coincidente con la via Emilia. Ovviamente, neanche l’ombra di un GPM, ma solo due traguardi volanti: uno a Imola, nel bolognese; l’altro a Savignano sul Rubicone, nel cesenate.

Invece, noi abbiamo due frazioni ad accoglierci dentro ai loro comuni.

In provincia di Bologna, a poco più di 60 km dallo start e poco prima di arrivare a Imola, troviamo Toscanella di Dozza, che ci invita a deviare a destra per meno di 4 km dal tracciato e ci accompagna nel borgo di cui è l’unica frazione, Dozza.

Nell’entroterra bolognese al confine con la Romagna il borgo medievale è situato sul primo contrafforte collinare, a circa 190 m di altitudine, e domina la valle del fiume Sellustra immerso tra vigneti e dolci pendii.

I suoi toponimi più antichi sono Ducia e Dutia, per poi passare attraverso le forme di Duza e Doccia prima di arrivare all’odierno Dozza. Il primo documento che attesta Dozza è del 1126 e cita Castrum Ducie. Il filo conduttore è l’acqua, o meglio la sua mancanza e quindi alla «doccia» con cui fare arrivare la linfa vitale. E la richiamano lo stemma del Comune, che raffigura il grifo nell’atto di abbeverarsi, i ritrovamenti di un antico acquedotto proveniente da Monte del Re, e pure i toponimi delle chiese. Singolare, se si pensa che la ricchezza e la notorietà del paese gli sono date dal vino.

Abitato dall’età del bronzo, poi da Galli, Romani, Longobardi, Bizantini e Carolingi.  Furono i Bolognesi a cingerlo di mura nel 1086 e circa due secoli dopo eressero la Rocchetta con il Rivellino per proteggere l’entrata del borgo, dentro il quale si è ricavata la porta d’accesso settecentesca. Nel 1150 divenne un libero Comune. Per la sua posizione strategica fu molto conteso e soggetto di continuo ad assalti e distruzioni. Una certa stabilità la conobbe con Caterina Sforza, «signora delle Romagne», e per oltre 4 secoli fu feudo per finire come residenza nobiliare delle famiglie Malvezzi e Campeggi.

Dozza è uno dei 14 Borghi più Belli d’Italia dell’Emilia-Romagna e il suo centro storico, dalla caratteristica forma a fuso, conserva intatto l’originale tessuto edilizio di stampo medioevale.

Il suo cuore e il suo simbolo sono nell’imponente Rocca Sforzesca posta all’apice del paese, che segue il tracciato delle antiche mura.

Il primo fortilizio fu eretto nel 1250 dal Comune di Bologna e ampliato nel 1310 da Romeo Pepoli. Come si deduce da come viene chiamata la rocca venne ricostruita su rovine precedenti dall’illustre Caterina, e va ricordato che il fondatore della famiglia era romagnolo di Cotignola. Nel tardo Quattrocento l’incarico venne dato all’architetto fiorentino Giorgio Marchesi che fece innalzare possenti mura di cinta e il torrione maggiore, «il Torresino». L’aspetto attuale è dato da ulteriori interventi fino a qyello dei Malvezzi nel 1594. Alla morte dell’ultimo discendente, nel 1960, il Comune l’ha acquistata, proseguendone il recupero e la riqualificazione, per renderla una Casa Museo aperta al pubblico con tre percorsi di visita: la fortezza medievale e rinascimentale, la residenza rinascimentale, la residenza settecentesca.

A pianta esagonale, con un perimetro di circa 200 m., vi si accede tramite un ponte sul fossato prosciugato. Si entra dal portone ferrato e si percorre un corridoio che sbocca in un cortile, realizzato su una doppia loggia con colonne dai capitelli in arenaria finemente decorati, che è l’elemento più caratterizzante del gusto rinascimentale. Vicino all’ingresso si trova il Torresino, con i suoi 16 m di diametro, mentre l’altro torrione è più piccolo ed è chiamato «torrione dei Bolognesi». Dal cortile salgono le scale ai piani della rocca.

Al piano nobile si susseguono le sale tra cui la «sala maggiore», con una grande portafinestra che consente il passaggio ai camminamenti di ronda delle cortine; vi si possono ammirare i ritratti dei Malvezzi e un grande arazzo di lana e seta di metà Seicento, su cui risaltano gli stemmi dei Malvezzi e dei Campeggi. Nella sala accanto, due quadri dipinti della famiglia Campeggi. Ancor a lato della sala maggiore si trova la sala d’armi e su quello sinistro si apre una stanza che porta alla cappella della Madonna Immacolata, con un altare e confessionale barocchi; di fronte, un pozzo a rasoio per la difesa interna.

Da evidenziare anche la  «sala rossa»,  con soffitto a cassettoni, e l’adiacente «camera di Pio VII», con l’arredamento del soggiorno dell’allora vescovo di Imola Barnaba Chiaramonti, prima di diventare papa, in cui spicca  il quadro secentesco Madonna con bambino di Alessandro Tiarini. Seguono la camera da letto, la camera degli ospiti, e sulla loggetta sulla corte lato nord un locale con bagno in scagliola. All’interno dei torrioni troviamo la stanza della tortura, la grande fossa dei supplizi, e le antiche prigioni con le celle che riportano le scritte graffite dei condannati. Dal cortile interno si può visitare la lavanderia e la cucina patriarcale emiliana. È presente una raccolta della civiltà contadina di oggetti provenienti in gran parte dalla Romagna.

Al secondo piano c’è la Pinacoteca, dove hanno trovato sede il Centro Studi e Documentazione del Muro Dipinto e la Collezione Mascellani. Qui sono esposti una selezione di bozzetti preparatori e strappi delle opere relative alla Biennale del Muro Dipinto, eseguite da Riccardo Licata, Bruno Saetti, Roberto Sebastian Matta e Domenico Purificato, la collazione Norma Mascellani con 22 opere donate dall’artista bolognese. Le sale ospitano periodicamente mostre di artisti.

La Biennale del Muro Dipinto è una manifestazione storica con affreschi e rilievi, di artisti invitati ogni due anni, sui muri esterni delle case che ha reso Dozza una galleria d’arte a cielo aperto. È nata negli anni Sessanta sulla falsariga delle rassegne di pittura estemporanea e sulla tradizione italiana del muro dipinto e si tiene nella terza settimana di settembre. Tra gli artisti che vi hanno partecipato ci sono: Giuseppe Ziganina, Emilio Contini, Concetto Pozzati, Remo Brindisi, Renzo Grazzini, Giacomo Soffiantino, Riccardo Schweizer, Aldo Bergonzoni, Ennio Calabria, Cesare Sughi,  e più vicini nel tempo Bruno Ceccobelli, Luca Alinari, Gino Pellegrini, Marcello Jori. Dal 2007 il Muro Dipinto ha un’altra sede nella frazione di Toscanella, dove si possono esprimere i talenti del writing e della wall painting con artisti affermati come Ericailcane, Eron, Dado, Wany, Basik, Cuoghi Corsello.

I sotterranei della Rocca Sforzesca sono diventati il luogo ideale dove collocare l’Enoteca Regionale Emilia Romagna. Fondata nel 1970 ha oltre 200 associati tra produttori di vino, aceto balsamico e distillati, enti pubblici, consorzi di tutela e associazioni di sommelier regionali. Sono in mostra più di 1000 etichette selezionate da una commissione, seguendo un percorso espositivo incentrato sul criterio degli abbinamenti con i cibi. Nella sezione dedicata all’Emilia-Romagna sono presenti i 15 vini tipici regionali in ordine alfabetico dall’Albana al Trebbiano. Qui, sono anche esposti attrezzi per la vinificazione. Inoltre, nei locali si trova anche un wine bar per degustazioni guidate da sommelier.

Dozza è attraversata dalla Strada dei Vini e Sapori Colli d’Imola e a 20 minuti inizia la tappa 10 del Cammino di Sant’Antonio (San Martino in Pedriolo-Borgo Tossignano).

Torniamo indietro, ci rimettiamo sulla via Emilia e passiamo su un lembo ravennate prima di immetterci nella provincia di Forlì Cesena, dove al km 129,6 troviamo Budrio, altra frazione che ci invita a girare di nuovo a destra per raggiungere il suo capoluogo, Longiano.

È un «balcone di Romagna» in posizione strategica sul colle posizionato al limitare della Valle del Rubicone, immerso nel paesaggio dolce della collina cesenate. Il delizioso borgo è un perfetto esempio di urbanistica medievale. Nel 1992 gli è stato conferito il riconoscimento di «Villaggio Ideale» dalla Comunità Europea e dalla rivista Airone per l’armonia di cultura, tradizioni, qualità del lavoro, sano tessuto sociale, buona cucina e buoni vini (Sangiovese). Nel 2002 gli è stato riconosciuto il titolo di «Città» dal Presidente della Repubblica, mentre dal 2005 ha ottenuto la «Bandiera Arancione», marchio di qualità turistica e ambientale del Touring Club Italiano.

Le origini di Longiano risalgono con ogni probabilità al VI secolo, mentre il primo nucleo del castello dovrebbe inquadrarsi fra il VII e l’VIII secolo. Una pergamena del 1059 attesta l’edificazione in zona di un’importante roccaforte, fondamentale alla fine del XII secolo per respingere gli attacchi dei cesenati.

Il nucleo più antico del paese si sviluppa attorno alla Rocca Malatestiana d’impianto duecentesco che lo domina e ancora centro vivace della comunità. Le case sono disposte per la maggior parte sul pendio meridionale e ben esposto al sole. Le doppie mura sono interrotte da tre porte successive: porta Tagliata, del Girone e del Ponte. All’ingresso, si trova la cosiddetta Vasca Veneziana,

una specie di pozzale nella corte del Castello, dove è presente anche la Ragazzina sulle Mura del cesenate Ilario Fioravanti, scultura in bronzo in dialogo con il territorio tale da divenire un emblema del paese. Da lì si vede il mare.

Ma il centro storico offre ancora una grande quantità di tesori al visitatore: un’imponente Torre Civica, cinque musei, un rifugio bellico, un teatro all’italiana ottocentesco dall’acustica perfetta, due importanti chiese storiche che sono mete del turismo religioso dal peso rilevante nel turismo locale.

Longiano diede i natali a numerosi ecclesiastici illustri, fra cui spicca monsignor Francesco Maria Manzi, che dal 1757 fu arcivescovo di Avignone. Fu lui a consacrare il 18 marzo 1764 la nuova costruzione dell’attuale Santuario del Santo Crocifisso, in stile neoclassico, su progetto dell’architetto riminese Pietro Borboni e con capitelli e cartigli dello scultore riminese Antonio Trentanove. Elevato a santuario il 28 novembre 1828 da papa Leone XII conserva il dipinto su tela applicata a tavola lignea del Crocifisso risalente al XIII secolo di scuola pisanogiuntesca. All’opera devozionale è legata la leggenda di un fatto prodigioso avvenuto  il 6 maggio 1493. Portata in dono ai frati dai cittadini di Gambettola una vitella si inginocchiò passando davanti all’immagine sacra, e si rifiutò d’alzarsi fino a che il Padre Superiore la benedì. Nel chiostro del convento affluirono i fedeli che commossi fecero la prima processione per le vie del paese. L’immagine sacra è racchiusa in un’ampia nicchia, realizzata nel 1965 su disegno di Gildo Atti di Bologna. Dal 1705 Il culto del crocifisso di Longiano è promosso dall’Arciconfraternita del Santissimo, il suo membro più illustre fu Papa San Pio X che s’iscrisse di sua propria mano, aggiungendo la benedizione apostolica per gli altri membri dell’associazione.

Altro crocifisso dello stesso periodo che merita una visita è il crocifisso ligneo della piccola chiesa romanica di Santa Marina di Massa, la cui fondazione risale al VII Secolo. L’edificio danneggiato pesantemente dalla seconda guerra mondiale è stato restaurato negli anni Settanta su progetto dell’architetto e scultore Ilario Fioravanti.

I musei del centro storico sono di particolare pregio. Nel Castello Malatestiano ha sede la Fondazione Tito Balestra con una collezione d’arte moderna e contemporanea tra le più ricche dell’Emilia Romagna con 2302 opere, tra olii, grafiche e scultura. È stata raccolta dal poeta Tito Balestra dal 1946 al 1976 ed è dedicata all’arte del Novecento italiano, dove tra le tante opere sono presenti quelle di De Pisis Guttuso, Maccari, Morandi, Vespignani. L’artista più rappresentato è Mino Maccari con circa 1800 fra olii e grafiche, ed è rilevante la sezione di opere grafiche di artisti stranieri come Chagall, Goya, Matisse e Kokoschka. Nel 1999 la Fondazione con alcuni esponenti della Scuola Operativa Italiana ha costituito il CIDO (Centro Italiano di Didattica Operativa) e i Laboratori Sperimentali Didattici. All’interno si custodiscono parti dell’archivio e della biblioteca di Tito e Anna Balestra con circa 3500 titoli. Altra sede della fondazione è l’ex-chiesa della Madonna di Loreto, riedificata nel 1753, dove si tengono mostre d’arte contemporanea, e vi allestisce il Presepe d’Autore nel periodo della Longiano dei Presepi che si tiene tra dicembre e gennaio.

Il Museo Italiano della Ghisa (MIG) è l’unico al mondo a esporre elementi di arredo urbano in ghisa dall’Ottocento e primi del Novecento, da quando nelle città si utilizzò l’illuminazione a gas. Il museo ha due sedi: una in centro storico e l’altra sulla via Emilia, all’altezza di Ponte Ospedaletto. All’interno dell’ex chiesetta settecentesca di Santa Maria delle Lacrime, la Fondazione Neri ha esposto alcuni grandi candelabri che si stagliano sulle pareti di mattoni a vista. Ci sono pezzi che vengono da Torino, Bologna, Vigevano, e da capitali europee come come Dublino e Vienna. Ma anche un modello austriaco di fontana a colonna e di splendidi mascheroni, a forma animale e antropomorfa, da cui sgorgavano getti d’acqua. È presente  una ricca collezione di picchiotti per porta e un corredo fotografico degli oggetti esposti.

In un ampio spazio industriale, l’ex impianto di verniciatura della Neri spa, sono in mostra una sessantina di lampioni, prodotti da grandi fonderie ottocentesche e alcuni firmati da noti artisti come Duilio Cambellotti e Ernesto Basile, oltre a un centinaio di oggetti come panchine, fontane, ringhiere e mensole, battenti per porta e scansaruote.

Nell’Oratorio Barocco di San Giuseppe, pregevole esempio di tardobarocco in Romagna e tuttora consacrato, ha preso posto il Museo d’Arte Sacra, voluto da Comune e Diocesi di Cesena e Sarsina. Inaugurato il 18 marzo 1989, custodisce opere d’arte e oggetti sacri, come arredi, paramenti, reliquie, ex-voto. È presente anche l’icona quattrocentesca della Beata Vergine che il 2 marzo 1506 «sudò» nella casa di Sebastiano Barberi e che oggi viene chiamata Madonna delle Lacrime. Il miracolo colpì tanto il suo proprietario che donò casa e dipinto alla comunità perché si edificasse una chiesa, che venne ricostruita in stile barocco nel 1772, poi sconsacrata, e oggi sede espositiva del MIG. Il dipinto di Longiano è descritto da Oriana Fallaci nel libro autobiografico Un cappello pieno di ciliegie

Le piaceva tanto, la Madonna delle Lacrime. Aveva due belle guancie paffute, indossava una bella veste cremisi e trapunta di stelle, col braccio destro reggeva un bel bambolotto che probabilmente era il Bambin Gesù

Nelle bacheche in vetro si conservano oggetti preziosi, tra cui una pisside in argento sbalzato usata da papa Giovanni Paolo II nella sua visita in Romagna. Degne di nota sono le panche settecentesche con gli schienali decorati a tempera delle famiglie aristocratiche longianesi. E Longiano è raffigurata in modo minuzioso sul dipinto di San Valerio Martire (1748) di Giuseppe Rosi, del cui santo sono custodite le reliquie nell’altare. Dal 1996 è presente anche il gruppo di scultura in terracotta policroma Il Compianto sul Cristo dello scultore Ilario Fioravanti.

In un vecchio asilo infantile, nel 1986, è stato allestito il Museo del Territorio che conta circa 6.000 reperti proveniente da tutta la Romagna e relativi agli antichi mestieri e ai lavori domestici, compresi giocattoli dei primi del Novecento. Si sviluppa su due piani e possiede una considerevole raccolta di aratri, seminatrici, attrezzi per la vinificazione e per l’allevamento di animali da cortile, oltre che per l’apicoltura. Merita di essere menzionata una raccolta di piante topografiche della zona risalenti ai primi dell’Ottocento. Sono in mostra anche esemplari di Vespe e di Lambrette.

Nell’ex Convento di San Girolamo ha trovato ospitalità la Galleria delle Maschere, dove sono esposte trentuno sculture in bronzo, di fine anni Novanta, dell’artista longianese Domenico Neri che rappresentano le maschere della Commedia dell’Arte.

All’inizio di questo mese di maggio si è tenuta in paese l’inaugurazione delle targhe bilingui (italiano e inglese) per musei e chiese storiche. I nuovi cartigli per il turismo si devono al Lions Club Rubicone.

Esiste un cippo che ricorda il passaggio di Garibaldi in fuga da Roma, per le vicende legate ai Mori risorgimentali. L’eroe dei Due Mondi venne aiutato da alcuni longianesi a raggiungere il mare di Cesenatico.

Uno spettacolo da non perdere è la grande fioritura dei tanti frutteti che circondano il centro nelle prime settimane di marzo. È di grande suggestione lo spettacolo degli alberi e camminare su tappeti di fiori bianchi e rosa.

Si torna nuovamente sulla statale per fare poco più di 40 km e raggiungere nella provincia riminese la città di Cattolica, punto di arrivo della tappa odierna.

Adriana Maria Soldini

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