L'Italia dei borghi

Visone

Vi portiamo nell’Alto Monferrato Alessandrino, che si estende dalla val Bormida fino a raggiungere a sud l’Appennino ligure. Il centro principale è Acqui Terme, e a soli 5 km a sudest incontriamo il borgo di Visone.

È un comune di 1.240 abitanti, a 161 m. slm, che si estende sulla riva destra della Bormida. È attraversato dal torrente Visone, da cui prende il nome, che si va a immettere nel fiume poco distante dal centro del paese.

È «un gioiello incastonato nella pietra», perché il suo territorio ospita una delle formazioni cenozoiche più interessanti e rare dal punto di vista paleontologico e biostratigrafico, dalle sue cave si è estratta la pietra di Visone, che vedremo più avanti. È anche il paese natale del pittore barocco Giovanni Monevi (1634-1714), allievo a Roma di Giovanni Francesco Romanelli detto il Viterbese o il Raffaellino.

Per avere un’idea dell’antichità del borgo, basta dire che la prima notizia storica riguardante il paese di Visone si riferisce proprio al suo castello, dove il 4 maggio 991 il marchese Anselmo, figlio di Aleramo che fu il fondatore del marchesato del Monferrato,  e sua moglie Gisla firmano la carta di fondazione dell’abbazia di San Quintino di Spigno, tenuta dai monaci benedettini, che diventerà il principale centro monastico dell’alto Monferrato. In questo periodo buona parte della popolazione visonese è di origine longobarda.

La Rocca di Visone è il luogo dove sorgeva l’antico castello di origine aleramica, e ospitava un borgo fortificato originario dell’XI secolo purtroppo in gran parte recentemente demolito. Databili all’XI secolo sono i resti della chiesa di San Pietro, la costruzione religiosa più antica del paese, che nel 1304 compare per la prima volta nei documenti ufficiali. Le rovine dell’abside romanica si trovano nel cimitero alle estreme propaggini dell’abitato sulla strada che porta a Ovada.

Oggi della Rocca restano i ruderi del castello, rimaneggiato nel tardo Quattrocento dai marchesi Malaspina, da cui svetta la torre visitabile grazie al recente restauro delle scale interne. Imponente e molto suggestiva, leggermente sbeccata sulla cima da un lato e con un nuvolo di cornacchie che le girano attorno. Rimangono ancora la piazza d’armi, la porta di accesso al ricetto, e una porzione di cinta muraria.

Visone conosce varie dominazioni. Dagli Aleramici del Monferrato, passa all’inizio del XIII secolo ai Boccaccio per oltre un secolo e mezzo, seguono i Malaspina per un paio di secoli fino al 1519, quando Giovanni Malaspina vende il castello a Maria Boverio della Corba, prima cameriera della marchesa Anna di Alençon, moglie di Guglielmo IX del Monferrato e appartenente alla dinastia Valois con ben 13 re di Francia. Dai della Corba passa più di un secolo dopo a un nipote del conte Francesco della Corba, tale  Ferrante de Cardona. Nel XVII secolo Raimondo de Cardona, vende castello e titolo al genovese Luigi Centurione Scotto, rimasti alla  famiglia fino al XIX secolo.

C’è una storia particolare con ricadute inaspettate che riguarda il discendente di uno degli ultimi feudatari, il principe Carlo Centurione Scotto. Nel 1926 muore il figlio Vittorio in un incidente aereo e il dolore lo porta alla pratica dello spiritismo, sperando di mettersi in contatto con la sua anima nell’aldilà. Si racconta che il 29 luglio 1928 il principe si smaterializza durante una seduta spiritica in una stanza della sua residenza, chiusa a chiave e sigillata con ceralacca, per ricomparire quasi due ore più tardi nelle scuderie, chiuse a chiave dall’esterno. L’episodio scatena forti polemiche nell’ambiente spiritistico a livello mondiale, tanto da portare alle dimissioni per protesta dalla Society for Psychical Research di Londra Sir Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes.

Tra il Cinquecento e il Settecento il borgo si amplia dando vita a un centro urbano con l’edificazione di case al di fuori del perimetro, palazzo Madama Rossi e la nuova parrocchiale in località Caldana.

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A nord di via Acqui, aderente all’antico oratorio di San Rocco, si trova casa Madama Rossi, che prende nome dell’ultima residente della famiglia Rossi, detta la “Madama”, considerato tra i più rappresentativi edifici di Visone. Viene costruito nel XVI secolo per volere del cardinale Bonelli detto l’Alessandrino, nipote di papa san Pio V, con pregiata pietra di Visone proveniente dalla cava di Santa Croce. In seguito la famiglia Rossi, provvede a restaurarlo, ripristinando il giardino all’italiana arricchito da vasche, giochi d’acqua fontane e piante esotiche, che lo rendono meta ambita da visitare. Nel 1862 ai Rossi è permesso di assistere alle funzioni religiose dell’oratorio di San Rocco attraverso una finestra, a riprova della grande considerazione di cui godono. Nel 1872 ospita don Giovanni Bosco in uno dei suoi numerosi viaggi da Torino a Mornese.

Di grande pregio è il loggiato cinquecentesco con colonne doriche in pietra di Visone, visibile sul lato orientale della facciata, affrescato all’interno con pitture grottesche da un artista anonimo nel 1575, che ricordano lo stile raffaellita dei Palazzi Vaticani. Gli affreschi sono prevalentemente a tema figurativo, ispirati alla mitologia classica, con divinità antropomorfe, putti e satiri, e poi festoni e cornici floreali.

La costruzione della parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo dura per la quasi totalità del XVII secolo. Sulla facciata spiccano le statue dei santi Pietro e Paolo e del Sacro Cuore. E dal 1927 è presente un affresco della Madonna del Rosario con S. Domenico e S. Caterina da Siena del pittore acquese Lorenzo Laiolo (1877-1947).

All’interno i due santi si ritrovano rappresentati in statue lignee dentro a una nicchia al centro dell’abside che, nel giorno a loro dedicato il 29 giugno, vengono portate in processione. La pianta è a navata unica, con quattro cappelle laterali. Una stanzetta è occupata da una ricostruzione del primo Novecento della grotta di Lourdes realizzata in tela di sacco e gesso. Tra i tesori conta un pulpito ligneo della seconda metà del Seicento. La volta della navata è affrescata da Pietro Ivaldi, detto “il Muto” (1810-1885), così come gli affreschi ai lati dell’altare: l’ultima cena (a sinistra) e la predicazione di S. Giovanni Battista (a destra). Sono presenti quattro tele del pittore di Visone Giovanni Monevi : le anime purganti, la Natività, il paese con S. Bovo e la Madonna, la battaglia di Lepanto.

Altre opere di Monevi si possono trovare all’interno dell’oratorio di San Rocco (ex chiesa San Rocco).

In origine la chiesa a navata unica era dedicata a san Pietro apostolo, ma la violenta epidemia di peste del 1523 convinse gli abitanti di intitolarla a san Rocco perché il paese fosse risparmiato dal contagio. Sull’architrave del portale presenta un’immagine di San Pietro con i santi Maggiorino e Guido, scolpito in pietra di Visone.

E proprio in relazione alla pietra locale è stato istituito l’Ecomuseo della Pietra e della Calce di Visone, un museo diffuso per conservare e valorizzare l’ex-area industriale delle cave di pietra calcarea a sudovest del paese. La lavorazione della pietra risale all’epoca romana, per passare allo sfruttamento più recente nel 1897, con la costruzione delle  fornaci per la cottura della pietra al fine di ottenere calce idrata. In pietra di Visone sono stati realizzati manufatti e monumenti di grande valore artistico sul territorio anche al di fuori del territorio comunale, come la chiesa monumentale di Santa Croce di Bosco Marengo, il centro storico e il Museo archeologico di Acqui Terme.

All’inizio del Novecento l’intensa attività industriale, che comprende anche una filanda per l lavorazione della lana e della seta,  porta alla realizzazione di una piccola centrale per la produzione di energia idroelettrica lungo la Bormida, altra struttura di archeologia industriale ancora in funzione.

E, parlando di acqua, sono da ricordare le sorgenti termali, la Caldana (nei pressi della chiesa parrocchiale) e un tempo la fontana del Quarello, conosciuta come El Quarè, fonti solforose e tiepide parte dello stesso sistema geotermico delle più note fonti termali di Acqui Terme e, come queste ultime, l’uso delle fonti visonesi risale a tempi molto antichi. Il Comune ha in progetto il rinnovo e il ripristino di tutte le fonti.

Chiudiamo in dolcezza con i prodotti De.C.O.: El Busìe ‘d Visòn («bugie di Visone»), che sono frittelle di Carnevale, e il torrone di Visone creato nella seconda metà dell’Ottocento da Canelìn, produzione oggi portata avanti da Giovanni Verdese che si è guadagnato tre coni nella guida del Gambero Rosso dal 2017 al 2020.

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