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“Donne Costruttrici di Pace”: la storia di Rita Atria

Rita Atria è nata il 4 settembre 1974 a Partanna, in provincia di Trapani, da Vito Atria, un pastore appartenente a una cosca mafiosa del trapanese, e Giovanna Cannova. Cresciuta in un ambiente tutt’altro che facile, Rita aveva sempre avuto un rapporto privilegiato con il padre Vito. Nel 1985, quando Don Vito Atria viene ucciso in un agguato, Rita aveva solo 11 anni.

Da quel momento il fratello Nicola divenne per lei un riferimento. Strinse con lui un rapporto intenso e complice al punto tale che il fratello le rivelò tanti segreti: i nomi delle persone coinvolte nell’omicidio del padre, il movente, chi comandava a Partanna, chi decideva la vita e la morte in quel piccolo comune. Nel 1991 viene ucciso anche il fratello. Piera Aiello, vedova di Nicola, presente all’assassinio del marito, denunciò i due killer e iniziò a collaborare con la polizia, lasciando la Sicilia per vivere sotto protezione.

Rita, quindi, resta sola a Partanna, rinnegata dal fidanzato, per il pentimento della cognata, e da sua madre, che lamenta il perduto onore della famiglia a causa di Piera. A pochi mesi di distanza, anche Rita decise di seguire il coraggioso esempio della cognata, trasformando il suo desiderio di vendetta in “voglia di vedere altre donne denunciare e rifiutare la mafia”. Si recò a Marsala da Paolo Borsellino, a cui rivelò tutti i segreti della cosca cui appartenevano il padre e il fratello. Le sue dichiarazioni portarono all’arresto di decine di mafiosi e alla loro condanna, ma anche ad un suo allontanamento dal paese natio per le minacce subite e per essere stata rinnegata dalla madre. Rita fu trasferita a Roma, messa sotto protezione e costretta a cambiare continuamente abitazione.

Il 19 luglio 1992, viene ucciso Paolo Borsellino. Un assassinio che segna definitivamente la vita della giovane ragazza. Una settimana dopo, il 26 luglio, Rita Atria si suicida gettandosi dal settimo piano del palazzo in cui vive. Uno sconforto profondo che Rita racchiuse in queste parole:

Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. […]. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta“.

Il funerale si tenne a Partanna, non vi partecipò né la madre né il paese. A distanza di qualche mese la madre distrusse con un martello la lapide della figlia posta sulla tomba di famiglia, per cancellare la presenza di chi non si era allineata al codice d’onore. Nel 2018, grazie all’amministrazione di Luigi de Magistris, alla giovane donna, testimone di giustizia e vittima innocente della mafia, viene intitolato il vicoletto Pietro Colletta, perché “fare memoria” è un dovere da dover rendere a chi perde la vita per mano violenta e criminale. Queste le parole del sindaco Luigi de Magistris durante la cerimonia di intitolazione:
Questa targa non è un esercizio di retorica della memoria ma è un atto per scuotere le coscienze dei narcotizzati, degli indifferenti. Napoli è una città che vuole persone che si schierano perché’ stare a guardare significa stare con chi è il male e noi siamo senza sé e senza ma contro le mafie di strada e contro le mafie che colludono con la politica e le istituzioni”.

                       La scheda biografica è a cura di Maria Lippiello

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